ENTRARICERCA

Carosello (1957-1977)
La via italiana alla pubblicità

•Storia nostra

3 febbraio 1957, ore 20.50: rullo di tamburi, tarantella rivisitata da Raffaele Gervasio, sipario aperto su una straordinaria invenzione italica -iniettata nel tubo catodico- chiamata Carosello. Nello stringato palinsesto d’epoca la trasmissione ponte tra il TG dell’unico canale, il Programma nazionale, e la prima serata si guadagna un posto che vale un segnale orario, la linea di demarcazione tra la generazione che deve andare a nanna e quella che deve svegliarsi a consumare. Il minispettacolo (dieci minuti) è scandito in sequenza da 2’ e 15” con un bonus di 35” a contenuto pubblicitario (con la possibilità di citare il prodotto la bellezza di sei volte!): il resto da esibire nel teatrino su bozzetto di Gianni Polidori si compone di storie a vario titolo interpretate da testimonial a dimensione divistica o da personaggi fantastici creati dai cartoonisti nascenti. Nella serata d’esordio scendono in campo Mike Buongiorno per l’Oreal, i marchi Cynar(con Carlo Campanini), Singer(con Mario Carotenuto) e Shell. Dopo 20 anni e 42000 sketch Carosello chiude. Il 1° gennaio 1977 Raffaella Carrà, icona nazionalpopolare già protagonista Agip, saluta a nome della Stock di Trieste “Tutti voi che ci avete seguito”.

Calimero

•L’educazione al consumo

Nel ventennio di Carosello l’Italia è cambiata insieme agli italiani. Quel tre febbraio i televisori sintonizzati erano 336000 ma in compenso i telespettatori affamati del nuovo erano molti di più (la TV si vedeva al bar, e a casa si invitavano amici e parenti). Un target esteso che usciva dal Paese rurale e preindustriale per saggiare il miracolo economico e andare alla scoperta dei nuovi consumi: frigoriferi, lavatrici, detersivi, cosmetici, omogeneizzati, formaggini, “sofficini”. Si era registrato intanto il boom dei neopatentati (1/2 milione, il popolo della 500) su una popolazione che contava il 30% di “senza titolo di studio”. Il 3% aveva però la lavatrice, il 13% il frigo, e il 12% la TV. È il ritratto di un mondo in mutazione genetica.

La linea e la tromba

•Il ruolo della pubblicità

Nello specifico di Carosello –prodotto più spettacolo- quanto hanno inciso i tecnici della pubblicità, gli uomini d’agenzia? Un recente “Porta a porta” celebrativo ha dato, per voce degli invitati al salotto di Bruno Vespa, risposte non omogenee anzi addirittura contrastanti. Il guru Gavino Sanna ha confessato di non avere mai amato Carosello, di non riconoscersi in quel prodotto. Faceva tutto l’uomo-cinema – ammette a denti stretti – che partiva dall’agenzia con un vago brief e tornava da Roma con la pizza fatta. Art e copy erano esclusi dal set. Meno drastico Paolo Limiti, ai bei tempi scriptwriter della più grande agenzia italiana d’allora (CPV) che ha invece buoni ricordi dei suoi trascorsi e rivendica il valore di un format assolutamente originale, che aveva incuriosito i maestri USA: non a caso Carosello avrebbe fatto (1971) il suo ingresso al Museo d’arte moderna di New York…Una cosa è certa: sceneggiature e “slogan” erano, in principio, opera di autori estranei al circuito d’agenzia, vedi i grandi umoristi alla Marcello Marchesi, Achille Campanile ecc. Ma un altro dato è inconfutabile: la formazione degli art ha fruito di un’accelerazione estremamente stimolante alla scuola del grande capostipite Armando Testa; il passaggio dal layout al tridimensionale del passo uno è stato un passo obbligato. “Siamo tutti figli di Carosello” ha proclamato Marco Testa, “l’erede”, mentre il discepolo prediletto Silvano Guidone sentenzia “Quel teatro è stato la nostra scuola”. E le musiche da pubblicità non sono nate con il Franco Godi (Articolo 31) che, all’ora di Carosello, faceva cantare Mariarosa?

•Consumi e comportamenti

Riconosciamo a Carosello quel che è di Carosello: un laboratorio di ricerca per un nuovo linguaggio, la messa in moto di un mercato che da lento è diventato vorticoso, la proposta di stili di vita coerenti e di una way of life celebrata da tanta retorica commemorativa o demonizzata dai fustigatori di costumi di pronto intervento. E non si lamentino i creativi esclusi dal primo banchetto: la generazione on line è nata e cresciuta a Plasmon e Carosello. Prima di frequentare la Scuola di Cannes, pardon dell’I-Pod.

Cesare Righi

Senza titolo

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MediaForm

Mediaform nasce con l'obiettivo di ricercare le possibilità di sinergia e interazione fra il mondo accademico e la realtà delle agenzie

Carosello

LA SIGLA
Luciano Emmer
La scena: teatrino su bozzetto di Gianni Polidori - poi (1963) Piazze Italiane
La musica - Raffaele Gervasio
su melodia napoletana “I pagliacci”

I NUMERI
Orario: 20,50
Durata complessiva
10 minuti - 5 siparietti a sera
Passaggi settimanali: 28-35 filmati
6 uscite per marchio, con 6 film differenti
Consentita una ripetizione
Costo: 1 milione e mezzo di lire nel 1957
7 milioni circa nel 1976
Target utile: 366.161 abbonati
Apparecchi TV: 12 italiani su 100

LE REGOLE
Durata: 2,35” (solo 35”
dedicati al prodotto) Citazione: solo sei

I DIVIETI SIPRA
Proibito il riferimento al lusso eccessivo e agli oggetti superflui.
Vietata la pubblicità alle automobili
(per i motivi suddetti o per protezionismo?)
Non si poteva parlare di “sudore”, “mutande”, “reggiseno”, “purga”, “assorbenti”, “lassativo” (“Intestino” è sostituito da organismo...
Olio Extravergine diventa Olio d’oliva puro)

INTROITI RAI
1958 - circa 16 miliardi di lire
1976 - oltre 95 miliardi di lire

ASCOLTI
1957 - 6 milioni
1966 - 10 milioni
1976 - 19 milioni
(9 milioni i bambini)

LE SOSPENSIONI
Carosello non è andato in onda... tutti i Venerdì Santo e i 2 Novembre tre giorni per la strage di Piazza Fontana (1969) in occasione dell’assassinio di John Kennedy.

COSTI
3/5 milioni di lire a spot

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Ultimo aggiornamento:
1 agosto 2022
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