Andrea Porciatti
Direttore Creativo Più Communication
Andrea Porciatti Direttore Creativo Più Communication
Esiste un “modello di comunicazione” in grado di controllare la Brand Experience? Come le agenzie di comunicazione si stanno attrezzando per crearlo in un prossimo futuro?
In questi ultimi anni i brand si stanno evolvendo molto rapidamente. C’è stato un repentino cambiamento fra le abitudini ed i consumi delle persone e nuove esigenze e nuovi modi di interpretare i brand stessi.
Il futuro del brand è strettamente legato alla comunicazione quale strumento per informare, educare, motivare, suscitare emozioni. Negli anni ho avuto modo di vedere sia da pubblicitario e sia da semplice utente e consumatore un cambiamento di approccio sia da parte delle marche sia da parte dei consumatori.
Le grandi multinazionali sono dei maestri per questo e stanno condizionando in modo inequivocabile anche le piccole e medie imprese. Queste ultime stanno dando molta più importanza all’immagine di marca rispetto a qualche anno fa, con non poche difficoltà. Quindi bisogna fare un distinguo tra la grande azienda e la piccola-media azienda, in quanto sia per struttura, per organico, per know-how, per risorse e per tipologia di budget. Noi ad oggi lavoriamo con la piccola e media impresa e con istituzioni, e abbiamo notato un crescendo di attenzione e di valore percepito sul proprio brand. Non credo che esista un modello unico e universale di comunicazione per suportare le innovazioni del brand, ma senza ombra di dubbio è iniziata una assidua ricerca per delineare una linea guida “personalizzata” per ogni azienda per sostenere e valorizzare i brand.
Come muterà la strategia delle grandi marche per comunicare al mercato l’innovazione dei propri prodotti o servizi? Potranno le grandi marche sopravvivere ai nuovi mercati?
Se da una parte le aziende stanno guardano sempre con più cura la costruzione di un immagine di marca e le conseguenti innovazioni del brand stesso, le agenzie di pubblicità piccole come la nostra devono in ogni modo prevedere questa evoluzione naturale e continuamente cercare di formare, grazie a corsi specializzati, il personale, continuare a studiare, fare crescere le persone motivate e capaci, cercando di inserire nuovi elementi che diano un valore aggiunto. Nel caso delle più piccole, secondo me, è necessario creare delle sinergie e/o delle partnership in modo da unire le forze e il know-how per poter offrire un servizio qualitativamente sempre più elevato e in grado di offrire risultati concreti e misurabili. Questa è senz’altro una bella sfida, ma da qui possono partire nuovi modi di comunicare che possono essere più efficaci per trasmettere il messaggio di un brand al target di riferimento. E’ una continua ricerca per trovare “nuove strade” che però non va d’accordo con “il tutto e subito” di questa era.
In quale modo la capacità di rinnovarsi di un Brand è trasmessa efficacemente al target di riferimento?
Io credo che per trovare la giusta strada dovremmo sotto un certo punto di vista scendere dal piedistallo “dell’esperto comunicatore” e stare più con la gente, ascoltare di più, sperimentare in prima persona di più.
Molte grandi marche sanno interpretare molto bene i consumatori e le loro esigenze, e anzi sono proprio le marche a volte ad innescare un cambiamento delle abitudini, dei modi di utilizzare o consumare un determinato prodotto. La vera sfida è per le aziende più piccole che vogliono affacciarsi sul mercato direttamente al consumatore e soprattutto per le nuove aziende che vogliono affermarsi in un momento come questo di crisi generale.
Da qualche tempo stiamo osservando un certo sviluppo per alcuni settori del mondo della comunicazione. Esistono media che garantiscono un approccio privilegiato all’utente finale?
Penso che ci voglia un sforzo creativo in più, andare oltre i postulati della comunicazione che conosciamo e provare a tracciare nuove strade, forse pericolose e poco battute, ma se se tutti vogliamo utilizzare gli stessi meccanismi è pure ovvio che il mercato ha un limite di ricezione e di assorbimento. Certo è molto facile parlare ma poi mettere in pratica idee “pericolose” non è così facile quando si tratta di mettere in discussione un budget che può significare la vita o la morte per un agenzia. Accontentare e accontentarsi può essere un vizio perverso che non porta certamente a nuove idee. Noi come agenzia piccola cerchiamo di prendere esempio dalle grandi, con grande rispetto, ma cerchiamo allo stesso modo di inserire elementi nuovi per creare un’alchimia che possa essere efficace per i nostri clienti.
Quanto può ritenersi opportuno l’utilizzo di testimonial, di sponsorizzazioni o personalizzazioni di particolari eventi per un’efficace comunicazione del Brand?
Certamente lavorare con aziende di dimensioni piccole o medie comporta una attenzione maniacale al budget e al conseguente utilizzo dei vari strumenti del marketing mix; infatti molte volte capita che per motivi economici non è possibile lavorare su più canali contemporaneamente come le grandi marche già affermate. E’ un lungo lavoro sia da parte dell’agenzia sia da parte del cliente ma penso che non possa essere interrotto.
A volte l’utilizzo di testimonial permette di stabilire un contatto ed un legame più stretto con il target di riferimento, a patto che ci sia una selezione su valori profondi che legano al prodotto e che il testimonial non diventi più importante del prodotto e quindi lo annulli.
E’ di fondamentale importanza che si crei un rapporto di profonda fiducia tra cliente e agenzia, di collaborazione, di scambio e di condivisione di ogni fase, cercando di abbattere quelle barriere, dettate da know-how differenti e da competenze diverse, senza paura e senza presunzione, in modo da costruire dei successi insieme: questo è il risultato più bello.