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Egon Schiele
Schiele e il suo tempo. Capolavori viennesi in mostra a Palazzo Reale.

Milano, 13 gennaio 2010 – Apre a Palazzo Reale il 25 febbraio, fino al 6 giugno, la mostra Schiele e il suo tempo, realizzata in collaborazione con il Leopold Museum di Vienna, promossa dal Comune di Milano, Assessorato alla Cultura, coprodotta e organizzata da Palazzo Reale e Skira Editore. Curata da Franz Smola, conservatore del museo austriaco, l’esposizione presenta circa 40 dipinti e opere su carta dell'artista Egon Schiele, accompagnati da altrettanti capolavori di Klimt, Kokoschka, Gerstl, Moser e vari altri protagonisti della cultura viennese del primo Novecento.

“Egon Schiele e la Vienna del primo Novecento rivivono nelle sale di Palazzo Reale con la grande esposizione promossa dal Comune di Milano che pone al centro dell’attenzione una stagione della Mitteleuropa attraversata da un intenso fermento culturale e insieme dalle contraddizioni e dai conflitti che porteranno alla prima guerra mondiale – spiega l’assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory -. L’obiettivo è quello di restituire al pubblico la ricchezza di un’epoca irripetibile e di una città-simbolo, Vienna, che in quegli anni rappresenta il tormentato destino del vecchio Continente".

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La mostra ricostruisce attorno alla figura di Schiele, il clima culturale di Vienna nei primi anni del XX secolo, partendo dalla fondazione della Secessione, attraversando le tendenze espressioniste della generazione successiva, fino al 1918, anno segnato dalla fine della prima guerra mondiale e dalla morte di Klimt e Schiele. Un breve ma intenso periodo, in cui Vienna, da centro della cultura mitteleuropea, diventa teatro di rovina della vecchia Europa. Si tratta di una rara occasione per ammirare, affiancati alle oltre quaranta grandi opere esposte di Schiele, tra cui i celeberrimi Donna inginocchiata in abito rosso, 1910, Moa, 1911, Autoritratto con alchechengi, 1912, Case con bucato colorato, 1914, Donna accovacciata con foulard verde, 1914, Nudo disteso, 1917, altri capolavori dell’Espressionismo austriaco come Ritratto di Henryka Cohn del 1908 di Richard Gerstl, Venere nella grotta del 1914 di Koloman Moser, Autoritratto con una mano che sfiora la guancia del 1918-1919 di Oskar Kokoschka, che per la prima volta sono riuniti in un progetto tanto ambizioso, quanto completo ed esaustivo. Schiele nasce nel 1890 a Tulln, una cittadina nei pressi di Vienna.

A quell’epoca, la capitale asburgica conosce una straordinaria crescita demografica ed è un centro commerciale e culturale fiorente e di forte richiamo, riferimento per le menti più vivaci dell’impero. Il clima artistico è animato in quegli anni dallo scontro di correnti di stampo opposto e dall’affermarsi di spinte innovative quali, prima fra tutte, la Secessione fondata nel 1898, presieduta da Gustav Klimt. Essa riconosce all’arte il ruolo di forza propulsiva, ma anche di denuncia della realtà e, in quanto tale, di forza redentrice dal falso moralismo della società dominante.

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L’inclinazione a contenuti simbolici, così come l’abbandono della prospettiva, la centralità della figura umana incastonata in uno spazio piatto, sono elementi tipici dell’arte secessionista, ripresi ed estremizzati dall’Espressionismo. All’epoca della fondazione della Secessione, Schiele è solo un bambino, sebbene artisticamente dotato e con una forte passione per il disegno. Più tardi, studente dell’Accademia, il suo stile sembra aver già assorbito molto delle innovazioni della nuova corrente artistica, e in particolare della lezione di Klimt. Ma già un anno dopo queste relazioni sembrano essere state superate.

In un lasso di tempo brevissimo, infatti, in Austria, e più propriamente a Vienna, si assiste allo sviluppo di controtendenze, ovvero di tendenze espressioniste, da parte di giovani artisti “dissidenti", primi tra tutti Schiele, Kokoschka, Gerstl, appartenenti alla generazione successiva a quella di Klimt, Moll, Moser e di altri secessionisti. Tutto ciò accade in un frangente storico significativo, cioè mentre l’Impero Asburgico avanza nel proprio declino, mettendo in crisi un mondo dalle fondamenta secolari. Non a caso, proprio in questo momento storico, mentre Freud scrive l’Interpretazione dei sogni, interrogandosi sulle pulsioni e le paure umane, a Vienna forti spinte creatrici demoliscono i saldi principi delle maggiori arti.

Se in ambito musicale Schönberg introduce il metodo dodecafonico, dal punto di vista prettamente formale, il vincolo della linea netta e regolare tipico della Secessione, viene superato a favore di un tratto più libero e sciolto – si guardi l’ultimo Klimt – per diventare tormentato nei giovani Schiele e Kokoschka. Ciò che accomuna sotto la stessa etichetta i giovani artisti, è il rifiuto della tradizione, l’uso di un segno primitivo ed elementare, l’impiego antinaturalistico del colore, la tendenza alla deformazione e alla riduzione delle forme a pure sagome (particolarmente evidenti in Albin Egger-Lienz), un linguaggio pittorico convulso e corposo, come per Anton Kolig nelle cui opere, le campiture cromatiche e le costruzioni spaziali sono tipiche del Fauvismo e memori di Cézanne; o nelle opere di Herbert Boeckl, pittore del secondo Espressionismo, che sintetizza la poetica di Schiele e Kokoschka con quella cezanniana.

Dal punto di vista più concettuale, l’attenzione degli espressionisti per l’auto rappresentazione, per i soggetti tratti dalla vita privata e per le vicende autobiografiche, deriva da un forte individualismo, dalla perdita del senso d’appartenenza a una collettività e persino a un movimento artistico. Schiele, come Kokoschka e Gerstl, spettacolarizzano la fisicità dei corpi, ma il corpo non è altro che il tramite verso l’interiorità dei personaggi rappresentati. Quindi, non è il mero dato oggettivo ciò su cui i tre artisti indagano, ma l’introspezione dell’Io e dunque, il peso psicologico delle espressioni e dei gesti.

L’attrazione di Schiele per la fisicità inizia a diventare predominante a partire dal 1910, anche grazie alla frequentazione con artisti di discipline che fanno del corpo stesso il proprio strumento, come il mimo Erwin van Osen e la danzatrice esotica Moa. Come Freud, anche Schiele si addentra nell’animo umano. Prima di lui, nessun altro artista era stato così spregiudicato nel ritrarre le pulsioni più intime delle proprie modelle. La sua composizione perde i “bizantinismi" di Klimt, a favore di una maggiore essenzialità, il disegno è più nervoso e immediato, lo spazio si annulla, i punti di vista sono arditi e inconsueti, le posture disarticolate e sgraziate tanto da rendere i corpi mutili e ridotti nelle parti anatomiche. Anche nella rappresentazione dei paesaggi, Schiele rinuncia a qualsiasi connotazione topografica, rinnegando la prospettiva, tanto da ridurli a una giustapposizione di forme geometriche. Solo più tardi, durante la guerra, il suo stile diventa significativamente più realistico, le figure acquistano maggiore tridimensionalità, ma l’indagine dell’interiorità del soggetto non viene mai meno.

Non si dimentichi poi che il dato biografico dei singoli artisti gioca un ruolo fondamentale nella loro produzione. Basti pensare alle vicende personali di Schiele. Ai passaggi dolorosi della propria infanzia, come la morte del padre malato di depressione, si unisce un carattere da vero borderline. La vita dissoluta condotta con l’amante Wally Neuzil (la donna dai capelli rossi e dagli occhi verdi che campeggia in molti suoi disegni), l’esperienza del carcere in seguito all’accusa di abuso su minori, vanno di pari passo con la crescita della sua visibilità nel panorama artistico, all’interno del quale egli partecipa attivamente, esponendo presso le maggiori istituzioni di Vienna, Berlino, Dresda, Praga e Zurigo.

Ma la sua carriera viene stroncata da una morte prematura, all’età di soli 28 anni. A rendere questa mostra un evento davvero eccezionale, oltre alla bellezza delle opere esposte, contribuisce anche la collaborazione con il Leopold Museum di Vienna, la cui raccolta di capolavori (in parte messa a disposizione del pubblico italiano, proprio grazie alla mostra di Palazzo Reale) è depositaria di un momento cruciale della storia che ha profondamente segnato l’intera cultura europea del secolo scorso.

Ufficio Stampa

Lucia Crespi
tel. 02.89415532 - 02.89401645
lucia@luciacrespi.it

Ufficio Stampa Comune Di Milano

Francesca Cassani
tel. 02.88450177
francesca.cassani@comune.milano.it

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Autoritratto con alchechengi, 1912

Egon Schiele (Tulln, 12 giugno 1890 – Vienna, 31 ottobre 1918)

Egon Schiele nasce nel 1890 in una stazione ferroviaria a Tulln, una cittadina nei pressi di Vienna. La città è, alla fine del XIX secolo, un crogiuolo di culture molto diverse tra loro e i movimenti indipendentisti ne minacciano la stabilità. L'Accademia delle Scienze e Belle arti, la presenza di numerosi altri istituti di ricerca e delle maggiori collezioni d'arte contribuiscono ad accrescere il richiamo come centro culturale ed intellettuale. Il clima sociale e la situazione politica appaiono un contesto ideale per la discussione dei temi fondamentali dell'esistenza umana. Mai, infatti, altrove ci si era occupati tanto profondamente della sessualità in letteratura, psicologia, pittura. La sua infanzia viene presto offuscata dal progredire della malattia mentale del padre e dalla sua precoce morte, esperienza traumatica che segnerà profondamente tutta la sua pittura, dandogli un'immagine del mondo tetra e malinconica. Alla morte di Adolf Schiele (capostazione), nel 1905 la tutela di Egon viene assunta dal suo ricco padrino Leopold Czinaczek, il quale, dopo aver tentato inutilmente di orientarlo verso una carriera nelle ferrovie, ne riconobbe il talento artistico. Fu infatti in questo periodo che Schiele cominciò a dipingere, in particolare autoritratti, producendo in poco più di un decennio circa trecento dipinti e più di tre mila opere su carta. Dopo il suo ingresso all'Accademia di Belle Arti di Vienna nel 1906, dove studiò pittura e disegno, i rapporti con la madre (originaria di Krumau (oggi Český Krumlov), in Boemia) si deteriorano; Marie Schiele infatti non si sente sufficientemente tutelata e sostenuta dal figlio. Di fronte all'aridità degli insegnamenti proposti in Accademia, dal clima conservatore e chiuso della scuola (che abbandona nel 1909), dove gli era permesso solo di disegnare "secondo gli antichi", Egon cerca i suoi modelli al di fuori, soprattutto all'interno dei Cafè, dove si lega ad artisti molto vicini alla sua sensibilità. Studiando da solo, Egon, cresce e si migliora, sperimentando i diversi stili, all'epoca considerati d'avanguardia; porta il suo cavalletto all'aperto e inizia a dipingere nella natura; la sua tavolozza mostra ora colori luminosi applicati con una tecnica antiaccademica. L'incontro decisivo per tutto il suo percorso artistico avvenne nel 1907 nel Cafè Museum di Vienna: la personalità di Gustav Klimt lo influenza non meno di quanto avesse influenzato quell'arte che rappresentava modernità e progresso (propria delle teorie artistiche della Secessione Viennese di cui Klimt è un esponente). Un ulteriore elemento avvicina i due uomini: l'interesse per la raffigurazione del corpo nudo e della sessualità maschile.

Anche Klimt avrà per Schiele una grande stima: si impegna ad aiutare l'amico, attraverso l'acquisto di disegni, procurandogli modelle, presentandolo ad alcuni ricchi mecenati, che gli assicurarono una certa tranquillità finanziaria già dai suoi esordi sulla scena artistica viennese e facendo sì che nel 1908 Schiele potesse tenere la sua prima mostra personale per la Wiener Werkstätte, nata nel 1903 ad opere dell'architetto Hoffmann e il cui fondamento teorico risiede nell'idea di opera d'arte totale: l'arte non rinchiusa negli ambiti tradizionali ma influisce formalmente e spiritualmente sulla quotidianità. In quelle prime opere esposte il suo stile, abbandonate le rigide regole dell’accademia, è già espressionista: accanto a ritratti di amici ed autoritratti, viene rappresentata la fisicità del corpo attraverso un’aggressiva distorsione figurativa. In questo modo la sessualità diventa ossessione erotica che, accanto al tema della solitudine angosciosa ed inquieta, assume un’altissima tensione emotiva. In modo simile a quello che negli stessi anni fanno Alfred Kubin e Oskar Kokoschka, lo spazio diventa una specie di vuoto che rappresenta la tragica dimensione esistenziale dell’uomo, in continuo conflitto tra la vita e la morte.

Schiele utilizza una linea tagliente ed incisiva per esprimere la sua angoscia e per mostrare impietosamente il drammatico disfacimento fisico e morale. Il colore acquista un valore autonomo, non naturalistico, risultando particolarmente efficace nei moltissimi acquerelli e disegni di allucinata tensione. In molti trovarono troppo scioccanti i modi espliciti dei suoi lavori e ne denigrarono lo stile. La spiccata natura dei suoi dipinti e la sua morte prematura fanno assurgere Schiele a simbolo dell'artista incompreso, raffigurazione stereotipa di un artista frustrato ed alienato da una società percepita come bigotta e ignorante.

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