Paolo Galli
Amministratore Unico Atlantis
Ci può descrivere il lavoro svolto in occasione della promozione Panasonic?
Qui l’innovazione è stata anche nel mezzo utilizzato, oltre che nella creatività in senso stretto (opera ancora una volta di Matteo Freti, con la fotografia di Paolo Cecchin).
Panasonic è un cliente tradizionale, di cui curiamo la comunicazione a 360°, che non aveva mai fatto iniziative di questo tipo.
L’obiettivo era quello di far conoscere i digital networking, l’interconnessione tra i vari prodotti digitali - un concetto abbastanza conosciuto tra gli adepti, meno tra il grande pubblico - attraverso una in-store promotion.
A questo scopo abbiamo ideato un’operazione promozionale tipo ‘Porte Aperte’: per 30 giorni in 130 punti vendita distribuiti su tutto il territorio nazionale è stata predisposta un’isola dedicata, con due hostess che si occupavano della reception ed un dipendente che effettuava una dimostrazione pratica; in parallelo, è stata effettuata una promozione sui prodotti (chi acquistava un prodotto Panasonic partecipava ad un concorso) con la relativa comunicazione below the line (inviti, cartoline, ecc.); inoltre l’operazione è stata supportata, all’esterno, da affissioni dislocate nel raggio di due km attorno al negozio, quindi con una comunicazione localizzata esplicitamente dedicata al punto vendita.
Il risultato è stato soddisfacente: da un lato si è creata brand awareness sul cliente finale, dall’altro è stato gratificante per i punti vendita coinvolti nell’operazione.
Dal punto di vista creativo, c’è stata l’idea visiva forte di questo giovane con la testa pelata con il jack nella nuca, a simboleggiare l’interazione tra uomo e macchina: un’immagine volutamente di impatto, mirata ad un target giovanile.
Per questa immagine abbiamo fatto un casting, alla fine abbiamo scelto un giovane, italiano, che di giorno vende le pizze... ma siccome la sua non era una testa ‘pelata’ di suo, abbiamo dovuto intervenire più volte per rasare i cui capelli che crescevano durante la ripresa...
(Matteo Freti) Be’, abbiamo lavorato sul concetto di connessione: all’inizio avevamo pensato di collocare il jack nella tempia, ma risultava un po’ crudo, quindi abbiamo optato per posizionarlo nella nuca – un’idea presa da Matrix – in modo che risultasse emotivamente meno forte... il risultato è stata una affissione di forte richiamo, che ha attirato...
Anche la promozione può essere interessante dal punto di vista creativo, se è legata ad una campagna che viene poi declinata sul punto vendita; purtroppo spesso la promozione si fa senza un’idea creativa dietro, ma in una logica tattica, per fare vendite...
In generale, al di là di questi esempi, qual è il ruolo, lo spazio della creatività nel vostro lavoro?
Noi siamo lontani dalle campagne trendy o modaiole, che vanno bene per qualsiasi tipo di prodotto o dove comunque il prodotto passa in secondo piano: tanto per fare un esempio, io personalmente penso che donne, cani e bambini siano la tomba della creatività, stereotipi che giocano sull’emotività, a cui si fa ricorso quando non si sa cosa dire.
Non credo che la pubblicità sia un’arte o una scienza: fare pubblicità vuol dire vendere, quindi il prodotto deve essere al centro, noi dobbiamo trovargli un valore aggiunto in termine di mood, sensazioni, emozioni, che sia però coerente con il prodotto stesso ed il target di riferimento.
Ma per questo occorre che l’azienda sia consapevole del suo prodotto, del suo posizionamento, sappia cosa vuole, sappia fare delle scelte...
In questo caso si può valorizzare il prodotto, con i suoi plus e, al limite, coi suoi minus; faccio l’esempio di Radio 24, una radio che non trasmette musica: paradossalmente il claim della campagna è stato ‘questa è la nostra musica’, puntualizzando come la ‘musica’ di Radio 24 sia in effetti l’approfondimento delle notizie di qualsiasi tipo come nessun’altra emittente è in grado di fare.
Dunque quello che poteva essere un forte limite per una radio, è stato trasformato in un plus: in questo caso c’è stata una buona sintonia con il cliente, che ha avuto il coraggio di rafforzare il suo posizionamento in modo deciso e coerente, si è realizzata la famosa partnership, di cui si parla sempre.
Altri esempi di creatività coronati da successo, oltre al caso cult di ‘Mitsubishi mi stupisci’ - un claim che era entrato addirittura nel gergo comune - sono state ad esempio la comunicazione di un cellulare che invitava ad usarlo meno spesso, che voleva essere anche un po’ un messaggio sociale...
Insomma, casi in cui abbiamo saputo cogliere un momento, una tendenza, un sentimento diffuso e usarlo in positivo, per sollecitare, per far riflettere, o per far sorridere in modo intelligente...
I riconoscimenti ci sono stati, i premi non ci sono mancati, il che per un’agenzia delle nostre dimensioni è motivo di orgoglio.
E anche i clienti, soprattutto in questa congiuntura non proprio brillante, stanno cominciando a chiedere proposività, idee nuove, progetti originali più che campagne iperpatinate e piani clonati: quindi creatività anche nella scelta dei media, usando strumenti nuovi: comarketing, sinergie, piani di comunicazione un po’ alternativi...
E’ ovvio che tutto questo all’agenzia costa fatica, ma credo che questo sia ormai il futuro del nostro lavoro.
Sprea è una campagna contro l’abbandono degli animali domestici: che cosa significa lavorare su una campagna sociale, cosa cambia nel vostro lavoro?
Lavorare per una campagna sociale è senz’altro interessante: il brief è ampio, il cliente non pone grandi vincoli, non ci sono paletti, non ci sono problematiche aziendali che limitino la creatività, si è liberi di essere forti, anzi, direi che il messaggio deve essere forte, dirompente, anche perché in genere ha poca esposizione e quindi deve colpire e restare impresso al primo impatto.
Per questo, quando c’è stata la possibilità di lavorare su questa campagna, ovviamente a titolo gratuito, ci siamo buttati, così, per la soddisfazione di cimentarci con un tema che già è stato trattato da molti e di offrire un buon prodotto.
Per comunicare un messaggio di questo genere, volto a responsabilizzare, ad educare al rispetto verso gli animali, bisogna essere molto semplici, diretti, giocare sui sentimenti, sia perché deve essere prodotto a basso costo sia perché il messaggio deve essere immediato e trasversale.
Ma questo rientra un po’ nella nostra filosofia ‘think simple’: noi non abbiamo l’ambizione di essere una boutique creativa, di fare della creatività fine a se stessa, ma cerchiamo di dare un valore aggiunto al prodotto, che in questo caso era il messaggio etico.
Da qui la ricerca di un messaggio semplice, simbolico, diretto, opera di un nostro giovane creativo, Matteo Freti.
(Matteo Freti) Il tema mi toccava, forse perché anch’io ho un cane; ho cercato di trasmettere il concetto dell’abbandono in modo forte ma senza essere drammatici, senza visualizzare l’animale.... così abbiamo pensato alla croce, un simbolo diretto ed immediato, molto impattante.
Anch’io lavoro con piacere in questo tipo di campagne: ti puoi cimentare con un concetto, un tema generale, puoi spaziare...
Ma non sempre si ha l’opportunità di godere della stessa libertà creativa....
Purtroppo i clienti sono spesso refrattari alle novità, poco audaci, poco propensi ad utilizzare i toni ironici... per paura di perdere qualche consenso, scelgono la strada media, la più tranquilla, e si precludono la possibilità di ampliare il loro target...
Così un’agenzia presenta in genere una campagna politicamente corretta, come la vuole il cliente, e due strade più o meno creative: 9 volte su 10 la campagna più creativa, più di impatto, viene scartata.
Eppure non è sempre necessario fare cose faraoniche, anzi, spesso le campagne più riuscite sono proprio quelle a basso budget: penso alla birra Budweiser, con le formichine...
Anche perché più un messaggio è semplice e diretto più è trasversale, globale...