ENTRARICERCA

Barbara Corti
Direttore Creativo IconMedialab

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Come è stato sviluppato il progetto IULM?
Premetto che non mi sono occupata direttamente di questo progetto, ho seguito però la fase di analisi e definizione del concept e ho seguito gli scatti fotografici che popolano le testate delle pagine. Il sito è stato progettato partendo da un’architettura dei contenuti molto complessa e, quindi, sono stati importantissimi lo studio del content design e la scelta progettuale del tipo di navigazione da adottare. Iulm, essendo un ateneo che punta molto sull’innovazione tecnologica e svolgendo diverse ricerche sull’apprendimento e la formazione, ha saputo creare un importante centro culturale che era necessario rappresentare raffigurandone i principi fondamentali. Lo sviluppo del progetto è stato impostato per rendere visibili i vasti contenuti di Iulm, dall’Ateneo alla struttura didattica, con lo scopo di presentare l’Università in una veste molto seria e istituzionale, ma che comunicasse allo stesso tempo dinamicità, innovazione e apertura. Ad esempio, è stato svolto un lavoro enorme per quanto riguarda l’Information Architecture puntando all’omogeneità, all’esaustività e all’equilibrio delle informazioni: il menu che è stato pensato per Iulm è particolare e innovativo, e può ospitare più livelli di navigazione anche con labelling molto lunghi e complessi.

Qual’è il vostro Modus Operandi?
IconMedialab possiede una filosofia di valori e un approccio specifico user center design, in modo da mettere sempre l’utente al centro del progetto. Crediamo sia importante questa filosofia perché mette in risalto le vere esigenze degli utenti, studiandone le dinamiche attraverso l’utilizzo di prototipi testati, inteviste, design fortemente collaborativi con l’utente finale. Per accrescere le informazioni utili a delineare il nostro percorso creativo utilizziamo molto la tecnica del brainstorming, davvero utile per dare la possibilità a idee creative diverse di confrontarsi. Trovo che sia un metodo divertente ed efficace. Alcune volte siamo stati anche chiamati in Università per presentare questo nostro modo di fare brainstorming, attraverso i processi contenuti nel nostro creativity toolkit. In definitiva l’obbiettivo rimane quello di far nascere un concept, che non rappresenta ancora il progetto ma è solamente un’idea, un’immagine, un filmato, un qualcosa che sarà capace di trainare successivamente tutto il progetto, diventando una sorta di icona di riferimento che indica quelli che sono i principi iniziali.

Quale sono state le principali fasi della sua formazione?
Inizialmente il mio desiderio era quello di diventare scenografa, e invece mi sono laureata in architettura al Politecnico di Milano. Ho lavorato sin da giovane in un’agenzia di comunicazione trattando clienti abbastanza importanti, potendo così imparare il valore del lavoro di gruppo e l’importanza di non mettersi in concorrenza con i colleghi. In seguito ho cominciato ad occuparmi di siti internet e successivamente di Cd-Rom, collaborando con l’Unità per un progetto di una collana su alcuni fumettisti italiani. Ho partecipato ad un concorso istituito dal programma televisivo Mediamente e, vincendo come miglior progetto di editoria multimediale, ebbi l’occasione di trasferirmi a Roma per creare il sito della trasmissione stessa. Da questa esperienza è iniziata la mia collaborazione con la Rai per lo sviluppo di diversi progetti. Più recentemente ho avuto esperienze lavorative in Glamm e, infine, in Exante con l’incarico di Direttore Creativo. Ormai da più di due anni lavoro in IconMedialab. L’agenzia attualmente va molto bene, siamo quasi cento persone e lavorano con noi anche molti ragazzi giovani.

Come è vissuto il rapporto con il cliente?
A volte può risultare difficoltoso avere rapporti con alcune aziende per una scarsa attitudine dimostrata a delineare precisamente i contorni dell’operazione da compiere. Credo che un buon progetto nasca da un buon progettista e da un brief che dia informazioni incisive e delucidazioni efficaci. Troppo spesso ci vengono presentati brief confusi e insicuri. Questo accade a mio parere perchè esistono delle difficoltà oggettive ad individuare chi abbia intenzione di assumersi la responsabilità di rischiare e, così facendo, i progetti rimangono mediocri. Penso che in Italia ci sia una qualità creativa molto buona, ma credo anche che il problema di fondo sia rappresentato dal fatto che non possediamo sufficiente cultura della comunicazione. All’estero spesso avviene il contrario.

Qual è il suo giudizio nei confronti delle nuove leve di professionisti del vostro settore?
Attualmente collaborano con noi alcune persone provenienti dal Politecnico di Milano, che hanno dimostrato di avere avuto una formazione poliedrica, anche se sino a qualche tempo fa i metodi adottati per la formazione di queste figure erano impostati in modo troppo pragmatico, invece di privilegiare una preparazione culturale più ideologica. Le persone più appassionate si creano attraverso il lavoro o tramite interessi personali questo tipo di esperienza culturale. Le generazioni di oggi invece hanno un background diverso: nascendo già totalmente immersi nella tecnologia, anche nella metodologia del lavoro tendono ad utilizzare i mezzi tecnologici che hanno a disposizione, mentre spesso io credo sia necessario insegnare loro l’importanza del disegno a mano libera, in modo da lasciare correre il puro pensiero creativo. Quello che mi preme far comprendere è che non abbiamo bisogno di arrotini del pixel, ma di designer a trecentosessanta gradi. In questo senso cerchiamo di offrire formazione vera, sul campo, sviluppando anche l’individualità di ognuno.

Un suo commento sull’evoluzione tecnologica...
Sono convinta che la tecnologia spesso provochi pigrizia, soprattutto a livello mentale. Siamo quasi assuefatti alla tecnologia e credendo che questa possa essere la fonte di tutte le forme di comunicazione del futuro. In realtà i buoni progetti, che utilizzano una tecnologia vincente, a mio parere partono sempre da un approccio antropologico.

Un augurio al mondo della comunicazione...
Auguro che a breve si possa iniziare a considerare maggiormente l’aspetto sociale del design, che credo rivesta alcuni significati molto importanti, facendo emergere la cultura, il pensiero, la qualità. Un paese dal quale emerge un design di alto livello dimostra di avere a mio parere un alto livello di civiltà. In Italia attualmente può risultare difficile lavorare con questo tipo di criteri, ma penso che sia importante provarci per cercare di dare sempre il massimo di noi stessi.

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Ultimo aggiornamento:
1 agosto 2022
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